Cherasco
(25 aprile 1796)

Entrée des troupes françaises dans la place de Cherasco, 25 avril 1796.
Acquarello, mm 540 x 820. Parigi, Versailles e Trianon

Dopo i fatti di Mondovì, le forze piemontesi sono ancora, tecnicamente parlando, imbattute. Il re deve ancora essere obbligato a chiedere la pace. L'avvicinamento a Torino ha inizio il 23 aprile. Massena ed Augereau si muovono lungo il Tanaro. Séruriér e Laharpe proteggono loro i fianchi. Il resto dell'armata avanza in ordine sparso, ma sempre a non più di un giorno di cammino di distanza, in modo da essere in grado di concentrarsi, se necessario, nel minor tempo possibile nel punto indicato. Dopo Mondovì, però, l'esercito piemontese è definitivamente fiaccato, incapace di risollevarsi.

La sera del 23 aprile il generale Colli è costretto a chiedere l'armistizio. Come reazione Napoleone affretta la marcia. Due giorni dopo Massena occupa Cherasco ed Augereau Alba. Le forze piemontesi sono ormai definitivamente separate da quelle austriache di Beaulieu. D'ora innanzi i rifornimenti potranno giungere direttamente dalla Francia attraverso i passi di Tenda e della Maddalena. A Laharpe viene dato ordine di marciare su Acqui per distogliere l'attenzione di Beaulieu dagli obiettivi principali. Notizie sulla ritirata precipitosa dell'esercito piemontese inseguito dai francesi si susseguono confuse ed incalzanti. Il Consiglio della Corona, che si raduna nei momenti d'emergenza, si ritrova appena il 21 sera alla notizia delle sconfitte di Mondovì. Vi partecipano: il principe ereditario Carlo Emanuele, il duca d'Aosta Vittorio Emanuele, i ministri in carica, il marchese Carlo F. Thaon del Revel de Saint André, l'arcivescovo di Torino cardinale Costa, il cavaliere Tonso, intendente generale delle finanze. Vi è poi l'ambasciatore austriaco Gherardini e il ministro inglese Drake, venuto da Genova.

I pareri sul da farsi sono discordi. Il duca d'Aosta e il principe ereditario sono favorevoli a continuare la guerra contro i francesi, anche se il secondo con maggiore titubanza. Anche il marchese de Revel , l'ambasciatore austriaco e il ministro Drake sono d'accordo a non scendere a patti con il nemico. Gli austriaci temono ovviamente che la pace con Napoleone faciliti l'avanzata di questi in Lombardia. Favorevole ad una cessazione delle ostilità il cardinale Costa. Il popolo e l'esercito hanno pagato un prezzo già troppo alto per poter continuare. Alla fine il re Vittorio Amedeo III sceglie la via dell'armistizio. Napoleone sa di avere ormai il potere di dettare delle condizioni. Non ha dal Direttorio l'autorità per condurre formali negoziati ufficiali ma può, nel frattempo, stabilire un accordo temporaneo.

La sera del 27 aprile 1796 i plenipotenziari piemontesi Costa de Beauregard, Sallier de Latour e Sommariva giungono a Cherasco, presso il palazzo del conte Salmatoris, dove incontreranno Napoleone. Loro irrinunciabile obiettivo è il mantenimento da parte di Vittorio Amedeo III della sovranità sul regno come premessa ad ogni futuro accordo. Bonaparte aveva già proposto le condizioni della resa al Colli fin dagli scontri a Fossano. Vuole sapere se il re le ha accettate. Ad un accenno di lamentela sulla durezza di queste da parte dei piemontesi, sembra abbia aggiunto: "Dopo che le ho offerte, ho preso Cherasco, ho preso Fossano, ho preso Alba: non rincaro la dose sulle mie prime proposte: mi dovreste trovare moderato." Le discussioni si prolungano fino all'una del mattino del giorno 28. I plenipotenziari nutrono qualche dubbio sul fatto di cedere, anche se temporaneamente, alcune piazzeforti militari, come Tortona e Alessandria. Si narra che ad un certo punto Napoleone abbia estratto l'orologio e abbia avvertito i plenipotenziari piemontesi che, se non fossero giunti ad un accordo, l'attacco programmato contro Torino per le due avrebbe avuto luogo come previsto. Le condizioni definitive così sono approvate. La firma di un trattato in piena regola viene rimandato a Parigi, dove viene immediatamente inviato il colonnello Murat a portare al Direttorio i termini dell'armistizio. Dopo 10 giorni di campagna il generale Bonaparte, sconfitto il Piemonte, si è garantito per il momento la sicurezza del fianco e delle retrovie dell'Armata d'Italia. Ora può rivolgere tutte le sue energie contro il suo nemico principale, l'esercito austriaco nella vallata del Po.

La campagna in Italia si è conclusa con la perdita complessiva, da parte francese, di circa 6000 uomini. Dopo l'occupazione di Cherasco Napoleone lancerà il famoso proclama che, di fatto, darà, di lì a poco, il via alla campagna lombarda: "Privi di tutto avete affrontato tutto. Avete vinto battaglie senza cannoni, attraversato fiumi senza ponti, fatto marce forzate senza scarpe, bivaccato senza acquavite e spesso senza pane…In 15 giorni avete vinto 6 battaglie, conquistando 21 bandiere e 55 pezzi d'artiglieria, vi siete impadroniti di diverse fortezze e delle più ricche zone del Piemonte. Avete catturato 15.000 prigionieri ed ucciso o ferito più di 10.000 avversari. Ma, soldati, non avete fatto niente, molto vi resta ancora da fare. (…)". Promette nuove conquiste, ad una condizione però: "Dovrete giurare di rispettare i popoli che libererete, di reprimere i vergognosi saccheggi. I saccheggiatori saranno fucilati senza pietà".

TESTO ARMISTIZIO DI CHERASCO

Au Quartier Général de Querasque le 9 Floreal an 4(eme) de la République FranVaise (28 Avril 1796) (dal francese)
Condizioni di una sospensione d'armi conclusa fra l'esercito francese e piemontese dal generale in capo dell'Armata d'Italia Buonaparte e il sig. barone de La Tour luogotenente generale di Cavalleria al servizio del re di Sardegna e il sig. marchese Costa, capo di stato maggiore, incaricati dal re di Sardegna di trattare col generale in capo dell'esercito francese.

Art. I - Tutte le ostilità cesseranno fra l'esercito francese in Italia e l'esercito del re diSardegna, a datare dal giorno in cui le condizioni qui di seguito saranno state adempiute, fino a cinque giorni dopo la rottura dei negoziati che si iniziano per giungere ad una pace definitiva fra le due potenze. Cioè la piazza di Cuneo sarà occupata dai francesi il 9 floreale (28 aprile) del presente anno. La piazza d'Alessandria sarà egualmente occupata dai francesi, attendendo la consegna della piazza di Tortona al più presto possibile e al più tardi l'11 floreale (30 aprile), la quale piazza di Alessandria non potrà essere occupata dall'esercito francese che fino a quando non potrà essere ad esso consegnata la piazza di Tortona.
Art. II - L'esercito francese resterà in possesso di tutto ciò che esso ha occupato, cioè di tutto il territorio che si trova al di là della riva destra della Stura fino alla confluenza col Tànaro, e di qui seguendo la riva destradi questo fiume fino al suo sbocco nel Po, per il tempo in cui le truppe francesi occuperanno Alessandria. Ma quando questa piazza sarà resa alle truppe del re di Sardegna in seguito all'occupazione della piazza di Tortona da parte dei francesi, il limite continuerà dalla confluenza della Stura nel Tànaro sulla destra di questo fiume fino all'altezza di Asti. Da questo punto, la grande strada che conduce a Nizza della Paglia (=Nizza Monferrato) e poi a Cassine. Di qui, passando la Bòrmida a Cassine, l'esercito francese resterà in possesso della riva destra della Bòrmida fino alla confluenza nel Tànaro e di là fino allo sbocco nel Po.
Art. III - La città e la cittadella di Cuneo saranno rimesse nelle mani delle truppe francesi così come la città e la cittadella di Tortona, con l'artiglieria, munizioni da guerra e da bocca che vi si trovano, e di cui sarà redatto l'inventario. Lo stesso avverrà della città e della cittadella di Alessandria che saranno provvisoriamente occupate dai francesi, fino a che essi siano messi in possesso della piazza e della cittadella di Tortona.
Art. IV - Le truppe francesi avranno la facoltà di passare il Po a Valenza.
Art. V - Sarà accordato il passaggio per la via più breve ai corrieri straordinari, aiutanti di campo o altri ufficiali che il generale in capo dell'esercito francese vorrà inviare a Parigi e per il loro ritorno.
Art. VI - Tutte le truppe, ufficiali ed equipaggi di guerra al soldo del re di Sardegna, che fanno parte dell'esercito austriaco in Italia, sono comprese nella presente sospensione d'armi.
Art. VII - La cittadella di Ceva sarà consegnata con la sua artiglieria munizioni e viveri; la guarnigione si ritirerà in Piemonte. (Per Alessandria)la repubblica francese renderà l'artiglieria e pagherà a prezzo di stima le munizioni sia da bocca che da guerra che potranno essere consumate.Lo stesso avverrà per la piazza di Ceva. Le truppe di queste piazzeforti si ritireranno in Piemonte con le loro armi e bagagli e con tutti gli onori di guerra. Firmato sull'originale Il generale in capo Bonaparte Il luogotenente generale de La Tour colonnello Costa.

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