La campagna ligure - piemontese
"Soldati! Voi siete nudi e malnutriti; la Francia vi deve molto, ma non
può darvi nulla. La pazienza e il coraggio che avete dimostrato tra queste rocce
sono ammirevoli, ma non vi hanno dato gloria; nemmeno un'ombra ne ricade su
di voi. Io vi condurrò nelle più fertili pianure della terra. Province ricche,
città opulente, cadranno in vostro potere; vi troverete ricchezze, onori e gloria.
Soldati dell'Armata d'Italia! Vi lascerete mancare il coraggio e la perseveranza?"
(discorso di Napoleone a Nizza, alla rassegna delle truppe 27 marzo 1796)
Napoleone
Bonaparte viene nominato Generale dell'Armata d'Italia il 2 marzo 1796
al posto del Generale Le Scherer, su proposta di Carnot e con l'appoggio di
Barras. Napoleone ha solo 27 anni e si è già distinto come esperto artigliere
durante l'assedio di Tolone (11 settembre 1793) e come uomo fedele al governo
quando, durante la "crisi del vendemmiaio" (3 ottobre 1795- 13 vendemmiaio),
non aveva esitato a difendere la Convenzione facendo fuoco sui simpatizzanti
realisti che tentavano di attaccare Le Tuilieries. In poco tempo, bruciando
le tappe, Napoleone era diventato comandante in seconda dell'Armata dell'interno
e poi (26 ottobre 1795) comandante in capo, uno dei gradi più elevati nelle
forze francesi di quel tempo.
Fin dal suo arrivo al Quartier Generale di Nizza (24 marzo 1796) Napoleone
impone alle sue truppe un ordine e una disciplina a cui queste erano poco abituate.
E, soprattutto, inaugura un nuovo modo di "fare la guerra", basato sulla rapidità
delle manovre. La sorpresa diventa una componente fondamentale e determinante
per giungere alla vittoria, così come la capacità dei suoi uomini di percorrere
enormi distanze attraverso lunghe marce notturne e diurne per poi affrontare
lo scontro. Non sbagliarono coloro che dissero: "Napoleone vinse gran parte
delle sue battaglie grazie alle gambe dei suoi soldati".
Lo
scontro si trasforma in attacco fulmineo finalizzato alla distruzione
dell'apparato bellico avversario. L'esercito, suddiviso in petit paquets
(apparentemente dispersi ma sempre ad una distanza tale da riuscire a portarsi
soccorso reciprocamente), è capace di azioni diversive per confondere il nemico
e dispone di abili tiratori scelti, capaci di dare un apporto significativo
nei singoli attacchi concentrati e non casuali. I piani di guerra devono, per
Napoleone, ispirarsi agli assedi delle piazzeforti; concentrando il fuoco in
un solo punto si crea la breccia. Una volta rotto l'equilibrio, la piazzaforte
è presa. Il giovane generale comprende che le antiche tattiche di guerra hanno
fatto il loro tempo. La battaglia non può più essere vista come ripetizione
all'infinito di uno schema prestabilito in cui enormi eserciti nemici contrapposti
combattono con mosse piuttosto prevedibili, cercando di catturare il maggior
numero di prigionieri possibili.
Fin
dai primi momenti della campagna d'Italia Bonaparte mette in atto quelle che
possono considerarsi le sue due manovre tattiche per eccellenza: quella
per linee interne e quella di avvolgimento del fianco del nemico.
Gli spostamenti in linee interne consistono nel far avanzare il grosso delle
truppe dietro un'avanguardia spiegata dinnanzi al nemico, che così crede di
essere di fronte all'attacco dell'intero esercito, per poi colpire a sorpresa
nei punti deboli.
Da subito Bonaparte riorganizza le truppe. Nelle quattro divisioni che
costituiscono la parte centrale dell'esercito entra la maggior parte degli uomini
validi. Queste comprendono l'avanguardia comandata da Massena, con i generali
Laharpe e Meynier, e il grosso, che comprende le due divisioni di Augereau e
Séruriér. In tutto 63.000 uomini; ma, in grado di combattere da subito, appena
37.600 soldati. Ufficialmente i pezzi di artiglieria a disposizione sono circa
cento. Utilizzabili, però, sono solo una trentina a causa della mancanza di
quadrupedi, di cariaggi da trasporto e di munizioni. Anche la cavalleria è messa
molto male. L'armamento è scarso e scadente e il servizio sanitario
insufficiente rispetto al numero di uomini. Interi battaglioni sono senza scarpe.
Molti soldati combattono senza moschetti o baionette. Il morale degli uomini,
da mesi senza paga e con poco cibo, è bassissimo.
Nell'aprile 1796 l'armata austriaca è comandata dal Generale Beaulieu,
un 75enne che aveva combattuto nelle guerre contro la Prussia, ancorato ad un
modo antico di "fare la guerra". Gli austriaci basano le loro azioni sulla scarica
di plotone di compagnia o di battaglione. Non danno protezione ai loro schieramenti
composti da tre o quattro linee di soldati. Le artiglierie sono spesso piazzate
piuttosto a caso. Ogni mossa poi deve essere comunicata in anticipo ad un organo
militare di vecchia data, il Consiglio Aulico, il solo che può dare il
via alle operazioni, con inevitabili rallentamenti in ogni azione militare e
interferenze continue con le decisioni dei generali e dei comandanti sul campo.
Sotto Beaulieu troviamo tre armate: 19.500 soldati sotto il suo diretto
controllo, una metà dei quali disseminati tra la guarnigione di Alessandria
ed altre zone, ed il rimanente agli ordini dei generali Pittoni e Vukassovich,
disponibile come forza di manovra ma, ai primi d'aprile, ancora nei quartieri
d'inverno. La seconda armata è formata dai 15.000 uomini del generale D'Argenteau.
Ha il suo Quartier Generale nella città di Acqui ed è disposta, secondo la strategia
austriaca, lungo una fragile linea di avamposti che vanno da Carcare alle colline
sopra Genova. La terza è l'armata del generale Colli: circa 20.000 piemontesi
a cui si è unito un distaccamento austriaco agli ordini del generale Provera.
Queste truppe sono schierate da Cuneo a, verso est, Ceva e Cosseria.
Il loro compito principale è quello di sorvegliare i passi occidentali attraverso
i quali le armate francesi potrebbero fare il loro ingresso in Piemonte. Un'altra
armata di 20.000 piemontesi, ad occidente di Torino, agli ordini del principe
di Carignano, ha lo scopo di fronteggiare l'Armata delle Alpi di Kellermann.
Ma i diversi comandanti nutrono enorme diffidenza l'uno nei confronti dell'altro,
tendendo ad agire in modo indipendente. E questo atteggiamento spesso creerà
non pochi problemi all'interno dell'armata alleata.
Da
subito il Direttorio è chiaro con Napoleone: la guerra dovrà mantenersi
con la guerra. Da Parigi arriverà poco o nulla. Anche perché nella primavera
del 1796 l'attenzione è tutta rivolta all'Armata del generale Moreau che opera
in Germania (Reno), considerato il principale teatro di guerra, mentre la campagna
d'Italia è vista semplicemente come un diversivo con cui distogliere forze austriache
da quello che viene considerata il fronte principale. Tuttalpiù come un mezzo
per rimpinguare le vuote casse dello Stato con i bottini di guerra. Anzi l'idea
è quella che il generale Bonaparte, concluse le operazioni in Italia, si unisca
a Moreau nel Tirolo per marciare insieme su Vienna. Si sa che Napoleone ha in
mente la campagna d'Italia, praticamente nei minimi particolari, già dal 1795
quando, generale d'artiglieria, con un incarico semi ufficiale nel Bureau
Topographique del ministero della guerra (una sorta di stato maggiore generale
per l'organizzazione degli sforzi bellici, istituita da Carnot nel 1792), ha
modo di studiare in modo approfondito rapporti, carte segrete, mappe e strategie
che riguardano il settore italiano. Già in quei mesi, in cui non manca di sommergere
di suggerimenti e consigli il Comitato di Salute Pubblica, Napoleone si rende
conto di come sia essenziale, se si vuol penetrare in Italia attraverso le Alpi,
innevate per nove mesi l'anno, impadronirsi innanzitutto delle fortezze piemontesi
che controllano tutti i valichi. Non è un caso che il Regno di Sardegna sia
chiamato il "portiere delle Alpi".
Come luogo ideale da cui passare Bonaparte individua il punto in cui, dopo
il Col di Tenda, le montagne di San Giacomo decrescono vicino a Savona ed iniziano
gli Appennini.
Carcare, punto debole nella congiunzione tra forze piemontesi e austriache,
e Ceva, da cui si raggiungono le zone interne del Piemonte, risultano
così strategici già nel 1795, per realizzare il piano che Napoleone porterà
avanti nell'aprile del 1796: inserirsi con le proprie truppe, come un potente
cuneo, tra l'esercito austriaco e quello piemontese, in modo da costringere
il secondo ad un armistizio separato (il futuro Cherasco), per concentrarsi
poi contro il primo, con l'obiettivo di conquistare l'intera Italia Settentrionale
e oltre. La conquista del Piemonte rappresenta quindi per Napoleone,
nel 1796, il primo passo verso la vittoria contro il nemico numero uno della
Francia: l'Austria.
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